11 gennaio 2013

Diario di una mamma: Mettersi al mondo

Prima che nascesse mia figlia ero convinta di conoscere discretamente bene i bambini, forte dell'esperienza di tre nipoti e di un anno di volontariato in un micro-nido. Ero molto interessata a tutto quel che riguardava il parto, piena di paure come tutte, ma anche fiduciosa e sicura che -una volta che avrei avuto tra le braccia la mia creatura- tutto sarebbe stato naturale, spontaneo e soprattutto semplice.
A pensarci ora mi viene da ridere, ma allora lo credevo realmente.
Poi il gran giorno è arrivato e sono arrivati anche i giorni successivi, nei quali gli interrogativi aumentavano, insieme alla fatica, al dolore delle prime settimane di allattamento, il dolore post parto, le ore di sonno mancate... Eccetera eccetera.

Ero una mamma, ma non sapevo cosa fare, ma soprattutto come farlo perché intuivo che c'erano diversi approcci un po' per tutto: il sonno, il latte, le coccole, la cura del corpo, i pannolini.
Insomma quell'esserino di 3170grammi mi stava portando a chiedermi profondamente che donna ero, sono e voglio essere, per poter fare di me la madre di cui ha bisogno.
Quel che ho capito immediatamente era che non sarei andata solo d'intuito. Io rispetto molto l'intuito, soprattutto delle mamme, che ce l'hanno particolarmente sviluppato, ma temo che non basti o perlomeno a me non basta. Per questo ho sempre cercato e cerco di tenerlo insieme al dialogo con persone esperte, alle buone letture, ma soprattutto ad una analisi critica di ciò che dai primi mi viene e a tanta tanta osservazione della mia bimba, che è la mia vera maestra.
Se devo essere sincera il momento della nascita non me lo ricordo con particolare gioia: certo c'erano emozione, sollievo, meraviglia... Me nel caos della sala parto, per i pochi istanti in cui l'ho avuta in braccio, non sono riuscita a viverlo appieno.
Ricordo invece con una fitta di felicità purissima quando me l'hanno portata in camera dopo una mezz'ora e, nel silenzio, solo noi tre, si è attaccata al seno. In quel momento ho riconosciuto in quella bimba la piccola vita che avevo portato con me nove mesi. Era lei ed io ero sua madre. In quell'aggancio vitale non potevamo che essere noi due.
Dall'allattamento, che -come una danza- mi ha insegnato a riconoscere i tempi e i modi della mia bambina, ho iniziato l'apprendimento e ho scoperto via via che mamma sono. Quella era la mia strada, la mia, per molte non è così, ma per me è stato attraverso questo scambio profondo a livello fisico e psichico (per quanto difficile e faticoso all'inizio) che si è potuta schiudere la crisalide per far emergere finalmente la madre di Mimì.


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