14 maggio 2013

Diario di una maestra: Son tutte belle..


Questa settimana … solo poche parole!
Festa della mamma…
Lavoretto …
Biglietto …
… e d’obbligo tante riflessioni.
Se … “Son tutte belle le mamme del mondo….” (così recitava la poesia!!) ... i bambini allora?
Non vado molto lontano: guardo quello che vivo ogni giorno!
Cosa non farebbe una madre per il proprio figlio?
Cosa realmente riescono a fare le mamme?
Fortunatamente tante fanno molto: hanno mezzi e consapevolezza.
Ma qualcuna si perde nei labirinti della sua fragilità, frutto di una società sorda e caotica al tempo stesso.
“La crisi economica”, dicevo in settimana spiegando cittadinanza e costituzione ai miei (ancora per poco) alunni, “è innanzitutto crisi dei valori e della solidarietà!”.
E così certe mamme faticano a gestire le crisi evolutive dei figli, mentre altre sono fagocitate da mille problemi famigliari, economici o personali.
E così, di rimbalzo, certi figli subiscono gli effetti di uno svantaggio famigliare, economico e relazionale.

E certe maestre, dovendo e volendo, vedono, rilevano e, se possono, si attivano.
Non è solo un imperativo dettato dal ruolo: se così fosse, si tradurrebbe in un intervento freddo e distaccato.
Se è vero che un’insegnante è come una seconda mamma (…. Sapete quante volte succede che dalla prima alla quinta i bambini si rivolgano alla maestra chiamandola “Mamma”? Sorprendentemente tante!!!), è altrettanto vero che a scuola si raccolgono diversi bisogni a cui si cerca di dare risposte efficaci.
E allora capita che si venga a conoscenza di periodi di rottura e di crisi all’interno del nucleo famigliare a cui fanno seguito tentativi di compensazione e di reintegrazione non sempre ottimali.
Proprio in quei periodi i bambini e i ragazzi possono percepirsi come diversi dai compagni e attribuire a sé stessi o ai genitori, se manifestano carenze nelle capacità di prendersi cura di loro, colpe che forse non hanno.
Quante volte aspettare la mamma che non arriva sul piazzale all’uscita di scuola è fonte di agitazione….
(Del resto la norma prevede che sia la mamma, o chi per essa, ad attendere ansiosa e felice l’uscita del proprio figlio ….; è la mamma che lascia il lavoro o qualunque altro impegno per mettere al primo posto l’incontro con il figlio … e non il figlio che aspetta che la mamma finisca di sistemare tutte le sue faccende: c’è una priorità di intenti che va rispettata, un accordo implicito da non disattendere!)
Eppure a volte prendersi cura di un figlio diventa maledettamente complesso!
Se va bene è solo un problema di organizzazione: “Vai tu a prenderlo?”, “No, io non posso!”, “Puoi tu?”, No, chiediamo alla zia o al nonno!”.
E tra un “IO”, “TU”, “LUI”, “LORO”, qualcuno si dimentica, e il figlio aspetta e si interroga: “Si sono dimenticati?”, “Ma come hanno fatto a dimenticarsi di me?”.
Poi nel giro di qualche minuto tutto si sistema: la paura passa, la conferma della disponibilità si palesa.
… aspetti marginali, forse poco centrali e per questo da considerarsi dettagli periferici?
Tutt’altro!!!
Però si va avanti! L’evento è circoscritto, è catalogato come raro e per questo è poco pervasivo!
Se invece le cose non vanno solo nella direzione della mancanza di organizzazione, delle piccole incombenze che in un modo o nell’altro, prima o poi, si riescono a risolvere….ecco allora che i problemi dei genitori diventano già grossi pesi per i figli, quando ancora non sono evolutivamente in grado di sostenerli.
Capiscono, così, troppo in fretta che vivere è dura, che le differenze esistono e fanno male, che le maestre ascoltano e poi devono chiedere aiuto ad altre persone.
Ma a volte quell’aiuto tarda ad arrivare.
E in certi momenti vorrebbero solo essere ragazzini uguali agli altri: non più bravi o più belli, solo con le stesse possibilità degli altri, con una mamma e con un papà che fanno le stesse cose essenziali delle altre mamme e degli altri papà.
Fortuna che, per una strana legge infantile, ma anche per il primato della valorizzazione del me e del mio, anche se mamma e papà hanno un sacco di problemi, rimangono sempre “la mia mamma e il mio papà”.
Ma allora … se …“son tutte belle le mamme del mondo!” , se … “sono tutti belli i papà del mondo!” … perché mai non possono “…. essere uguali tutti i bambini del mondo?”.

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